Ho avuto il piacere di leggere un bel libro dal titolo: Invito alla sobrietà felice, scritto a più mani da diversi autori. Vi do una breve recensione del libro alla fine di questo post, ma vorrei commentare la parte più "rivoluzionaria" del testo, che è anche quella che ho apprezzato maggiormente.
Gli autori affermano che per cambiare il sistema economico e culturale dominante sono necessarie due rivoluzioni ed è necessario che si realizzino insieme.
La prima rivoluzione è quella dell'efficienza, un modo di lavorare attraverso cui l'uso di tecnologia che rende di più e spreca di meno si ottiene un miglioramento della prestazione. Un semplice esempio è sostituire una vecchia caldaia condominiale con una nuova caldaia a condensazione molto più efficiente di quella vecchia. Otterremo a parità di calore nelle nostre case un risparmio economico ed ecologico (minori emissioni)
Tuttavia, rifacendoci al precedente esempio della caldaia condominiale, se non cambiamo anche le nostre abitudini al consumo la situazione non potrà migliorare, semplicemente peggiorerà più lentamente. Per avere una vera inversione di tendenza bisogna portare avanti la rivoluzione della sufficienza dei consumi, che non vuol dire ritorno alle caverne, ma chiedersi se tutto quello che abbiamo è davvero necessario. Torniamo al nostro condominio anche la migliore delle caldaie non può aiutarci se andiamo in giro per casa in pantaloncini e maglietta d'inverno perché in casa abbiamo 30 gradi.
Sarà ragionevole pensare di vestirsi normalmente e magari tenere un maglione per stare caldi: i nostri nonni si vestivano bene d'inverno perché sapevano che la legna era una merce rara e costosa e che comprarla era sciocco rispetto all'idea di vestirsi adeguatamente. Oggi siamo nella situazione di avere risorse a basso prezzo, ma per quanto ancora?
Veniamo al cohousing: credo che questa forma di abitazione con il suo vivere (parzialmente) comunitario agisca su entrambi i filoni. In genere i coabitanti si indirizzano verso la ristrutturazione di edifici o la creazione di edifici in classe A (lavorando sull'efficienza).
Si lavora anche sulla sufficienza in quanto chi vive in cohousing tende ad usare meno risorse e quelle che ci sono risultano suddivise per un numero maggiore di persone abbassandone l'intensità energetica. Mi spiego: se una lavatrice (magari in classe AA) la comprano tutti è una cosa ma se 5 famiglie la condividono abbasso i consumi dell'80% . Si può quindi affermare che la vita comunitaria (e quindi non solo il cohousing) è in genere più sobria e che andrebbe promossa culturalmente e politicamente.
Il piacere della semplicità non l'ha inventato un ecologista, è stato descritto da molti pensatori. Uno di loro, Andrew David Sorow, spiegò che "un uomo è ricco in proporzione al numero di cose che può concedersi di abbandonare". Non si tratta solo della soddisfazione che viene dai "fioretti" o dal sentirsi meno lontani dai poveri: è che per acquistare, gestire, proteggere, consumare molti beni, insomma per "massimizzare le soddisfazioni materiali", ci vuole molto tempo; e siccome le ore sono sempre 24, l'avere tanto ruba tempo e quindi benessere. La scarsità di quest'ultimo è la dea vendicatrice della ricchezza: ladra di tempo. E' stato calcolato che gli indiani navaho hanno circa 230 oggetti per la famiglia, tutto compreso; una famiglia italiana ne ha almeno 10.000. A chi tocca correre di più?
Breve recensione:
Al posto della crescita senza limite dell'economia, della produttività, dei soldi, dei consumi, dei bisogni, gli autori, impegnati in attività sociali ed ecologiche, propongono l'individuazione a livello personale e comunitario di uno stile di vita basato sulla sobrietà, intesa come capacità di controllo del bisogno e delimitata da un senso naturale del limite, inteso non come gabbia o muro da scavalcare ma come risorsa: un vincolo risorsa che l'essere umano può gestire in autonomia.
Una sobrietà che può essere felice poiché ci libera dai bisogni indotti, restituisce tempo ed energie per noi e gli altri e ci colloca armoniosamente nel sistemo ecologico di relazione che compromesso ci riconduce per gradi ad un sempre maggiore impoverimento reale.
Oltre a redigere una critica attenta degli errori macroeconomici nelle relazioni tra stati e nell'organizzazione del lavoro attuale, gli autori pongono l'attenzione, più che sulla dimensione politica del problema, sulla necessità di cambiare concretamente i comportamenti ed indicano alcune strade già intraprese e condivisibili nei vari ambiti da tutti: il consumo critico, il commercio equo, l'ecologia quotidiana, il risparmio etico, il turismo responsabile, pratiche ed impegni che delineano i contorni di una nuova economia e di un nuovo mondo del lavoro di cui necessitiamo con urgenza per superare la vuota imprenditoria di profitto, il consumismo passivo e la tendenza di massa al parassitismo economico
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